Pinacoteca di brera

Palazzo di Brera

 

Il palazzo di Brera è un edificio storico di Milano situato in via Brera n. 28.

Il palazzo, costruito nel XVII secolo per ospitare il collegio della compagnia di Gesù, ospita oggi vari istituzioni, tra le quali la Pinacoteca di Brera, la Biblioteca Nazionale Braidense, l’Orto Botanico  l’Accademia di belle arti.

Il termine brera deriva dal longobardo braida e rimase nel latino medievale per indicare un “campo o un terreno in prossimità dell’abitato” o come “terra chiusa”. In alcuni dialetti lombardi il termine breda indicava un possedimento costituito da più campi con una casa colonica.

Nel 1173 la zona era indicata come borgo nella brera del Guercio. In un atto del 7 novembre 1178 è indicato che un terreno di 12 pertiche e otto tavole, posto nella braida detta del Guercio di Baggio (braida que fuit de Guertio de Badagio), venne acquistato per alcuni religiosi che intendevano viverci. Nel 1198  tale Suzo, “prelato della congregazione dei frati della braida del fu Guercio da Baggio”, acquistò altri terreni confinanti. Questi frati erano Umiliati, ordine religioso riconosciuto ufficialmente da papa Innocenzo III solo nel 1201; dediti principalmente alla lavorazione della lana, divennero una potente associazioni religiosa ed economica del tardo Medioevo milanese.

Il monastero di Brera costituiva la casa madre dell’ordine ed era affiancato dalla Chiesa di Santa Maria in Brera.

L’ordine religioso fu abolito nel 1571 con bolla pontificia di papa Pio V e il convento di Brera fu ceduto ai Gesuiti per la realizzazione di un’istituzione a scopo d’istruzione.

Collegio della Compagnia di Gesù

Si impose la necessità di costruire un nuovo e più ampio edificio. I primi progetti furono realizzati da Martino Bassi e prevedevano soluzioni diverse: un cortile quadrato o rettangolare oppure tre diversi cortili. I lavori iniziarono nel 1591, ma la morte di Bassi nello stesso anno, rallentò molto la realizzazione.

Nel 1615 Francesco Maria Richini, importante architetto dell’epoca in Lombardia, fu incaricato della direzione dei lavori e presentò nuovi progetti. Anche a causa della pestilenza però, il progetto venne approvato solo nel 1651. Alla morte del Richini, la direzione dei lavori passò al figlio Giandomenico e successivamente fu assegnata a Gerolamo Quadrio e a Pietro Giorgio Rossone, che mantennero il progetto del Richini.

Già nel 1760 all’interno del collegio era attivo un osservatorio e attorno al 1764-1765 fu realizzata la specola astronomica che fu potenziata negli anni successivi e fu diretta da importanti astronomi dell’epoca come Ruggero Giuseppe Boscovich.

Soppressa la Compagnia di Gesù nel 1773, l’edificio era ancora incompiuto e privo della facciata. Il governo austriaco affidò il completamento a Giuseppe Piermarini che lo portò a termine tra il 1778 e il 1795.

Divenuto “Reale Palazzo”, Maria Teresa d’Austria lo adibì a sede delle Scuole Palatine e, oltre a mantenervi le scuole già aperte dai Gesuiti, vi collocò la biblioteca e decise di ampliare l’Orto Botanico. Fondò inoltre nel 1776 l’Accademia, dotandola di un contributo annuo di 10.000 lire provenienti dai soppressi beni ecclesiastici.

Un appartamento del Palazzo fu peraltro abitato, fino alla sua morte, da Giuseppe Parini, che a partire dal 1769 tenne la cattedra di Belle Lettere. 

Oltre alle già esistenti scuole aperte dai Gesuiti, vi trovarono dunque sede nuove istituzioni.

  1. La Biblioteca di Brera(Braidense)
  2. L’ Osservatorio astronomico.
  3. L’orto, già dei Gesuiti, dal 1774 fu trasformato in Orto Botanico, diretto dal padre vallombrosano Fulgenzio Witman e destinato agli studenti di botanica officinale a Brera. Nel 1817 venne affidato al collegio di Sant’Alessandro. Nel 1863 passò all’Istituto tecnico superiore di Milano e ne fu direttore Theodore Caruel.
  4. L’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
  5. L’Accademia di belle arti
  6. Nel 1786venne realizzato un orologio pubblico che doveva servire di riferimento agli altri orologi milanesi.

La Biblioteca Nazionale Braidense fu originata quando la Congregazione di Stato per la Lombardia, organo rappresentativo degli interessi delle comunità locali, acquistò la biblioteca del Conte Carlo Pertusati, per poi donarla all’Arciduca Ferdinando, figlio dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria e futuro governatore della Lombardia.

Nel 1770 Maria Teresa, considerando la mancanza in Milano “di una biblioteca aperta ad uso comune di chi desidera maggiormente coltivare il proprio ingegno, e acquistare nuove cognizioni” poichè non veniva ritenuta sufficiente l’Ambrosiana “ricca bensì di manoscritti”, ma non di “libri stampati”, decise di destinare ad uso pubblico la biblioteca del Pertusati.

Grazie allo scioglimento della Compagnia di Gesù decretato nel 1773 da Clemente XIV, lo Stato acquisì il Palazzo del Collegio gesuitico di Brera, costruito sull’area del duecentesco convento degli Umiliati, e lo destinò a sede della biblioteca.

La biblioteca aprì al pubblico nel 1786.

L’Osservatorio Astronomico di Brera (OAB), istituto di ricerca d’eccellenza riconosciuto a livello mondiale, è la più antica istituzione scientifica di Milano, voluta da Maria Teresa d’Austria. Dal 1946 è entrato a far parte delle istituzioni scientifiche della Repubblica Italiana e nel 2001  è confluito nell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). L’osservatorio mantiene la sua sede in palazzo Brera a Milano fin dal 1762, anno in cui Padre Lagrange imposta l’attività di ricerca astronomica osservativa di tipo professionale a Milano. La prima specola, progettata e fatta costruire da padre Ruggero Boscovich nel 1764, ha subito trasformazioni per adattarsi alle esigenze osservative dei periodi successivi. Successivamente, la maggior parte delle attività osservative vengono trasferite alla seconda sede presso Villa San Rocco, a Merate (LC), in Brianza, presente dal 1923 ma attiva strumentalmente dalla fine del 1926 – arrivo del primo telescopio nei primi mesi del 1926 e prima osservazione il 20 settembre 1926 – con inaugurazione il 30 maggio del 1927. L’attività di ricerca è ancora pienamente in vigore in entrambe le sedi dell’Osservatorio.
Tra i direttori dell’OAB ricordiamo Barnaba Oriani, Giovanni Virginio Schiaparelli e Giovanni Celoria. L’Osservatorio annovera inoltre, tra le fila degli astronomi, Margherita Hack che lavorò presso la sede di Merate dal 1954 al 1964 anno in cui divenne professore ordinario presso l’Istituto di Fisica teorica dell’Università di Trieste.

Dal 1° gennaio 2021 la Direzione è affidata a  Roberto Della Ceca
Il 7 dicembre 2012 il Comune di Milano ha assegnato l’Ambrogino d’Oro di Civica Benemerenza all’Osservatorio Astronomico di Brera per i suoi 250 di storia. Analoga onoreficenza è stata assegnata nel 2011 dal Comune di  Merate.

L’Orto Botanico di Brera, è chiamato anche Hortus Botanicus Braidensis. L’orto botanico, che nei suoi 5000 metri quadrati conserva circa 300 specie diverse, è stato voluto dall’imperatrice  Maria Teresa d’Austria nel 1774, insieme all’osservatorio astronomico.

Dopo un periodo di abbandono, è stato recuperato e restaurato grazie all’Università degli Studi di Milano, nel 1998 è stato aperto al pubblico e nel 2013 è stata aperta una nuova cancellata d’ingresso progettata da Ruggero Moncada di Paternò.  Dal 2005 fa parte del Museo Astronomico-Orto Botanico di Brera, struttura della Statale (Università) e Museo riconosciuto dalla Regione Lombardia.

Oltre alle specie botaniche si possono ammirare le architetture del passato, come la serra attribuita a  Giuseppe Piermarini, la vasca settecentesca in cui crescono iris e ninfee, ed un arboreto riqualificato nel 2018.

L’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere  fu fondato nel 1797 da Napoleone Bonaparte che, nella Costituzione della Repubblica Cisalpina (art. 297), stabilì la nascita di un Istituto Nazionale incaricato di raccogliere le scoperte e di perfezionare le arti e le scienze, su modello dell’Institut de France.

Nel 1810, Napoleone fissò la sede dell’Istituto Reale di Scienze, Lettere ed Arti, a Milano nel palazzo di Brera. Bologna, città prescelta come prima sede, divenne allora una sezione dell’Istituto milanese, insieme a Venezia, Padova e Verona. Negli anni napoleonici, oltre a svolgere attività di studio e di ricerca scientifica, l’Istituto fu punto di riferimento dell’azione governativa per l’istruzione pubblica, inferiore e superiore, e per l’Università. L’Istituto, inoltre, destinò una parte dei fondi a sua disposizione all’istituzione di premi legati alla soluzione di problemi di medicina, scienze, arti, politica, di forte impatto pubblico.

Alla caduta di Napoleone, il Governo austriaco cambiò denominazione all’Istituto, che divenne allora Imperial Regio Istituto del Regno Lombardo-Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Nel 1838 l’Istituto Veneto divenne indipendente e i due Istituti, con vita autonoma, continuano a collaborare ancora oggi: l’Istituto Veneto con sede a Venezia e l’Istituto Lombardo con sede a Milano. Nello stesso anno fu tolta dalla denominazione dell’Istituto la menzione alle Arti, riservata alla Accademia di Belle Arti, pure presente in Brera.

Nel 1859 l’Istituto passò al governo italiano e acclamò quale suo presidente Alessandro Manzoni, che fu poi nominato presidente onorario. Nei primi decenni del XX secolo e dopo la grande guerra, l’apertura e l’attenzione alle realtà sociali diventarono prioritarie nelle attività dell’Istituto; ma non minore fu l’attenzione per le applicazioni delle scoperte scientifiche a problemi di pubblica utilità.

Nel 1935 l’Istituto cessò di essere statale, ebbe un nuovo statuto e un’amministrazione autonoma, pur restando sotto il controllo del Ministero della Pubblica Istruzione prima e del Ministero per i Beni e le Attività culturali poi.

L’Accademia

Fin dal 1776, quando l’imperatrice Maria Teresa d’Austria decise di organizzare in modo rigoroso l’insegnamento delle Belle Arti, l’Accademia di Brera non è stata solo un punto di riferimento per la Storia dell’Arte e per il suo insegnamento, ma ha rappresentato un avamposto culturale capace di coniugare scienze, lettere e arti.

Il primo forte legame tra formazione artistica ed una più vasta preparazione culturale, secondo quanto auspicato già da Giuseppe Parini, fu l’istituzione dal 1778 di una figura autorevole – il segretario – in grado di garantire che la vocazione illuministica dell’Accademia, aperta alle contaminazioni, si concretizzasse in impulsi concreti, iniziative attuabili e commistioni virtuose.

Giuseppe Bossi, segretario dell’Accademia tra il 1802 e il 1807, spinse il palazzo di Brera nel futuro, instaurando forti legami con autorevoli intellettuali europei e creando le esposizioni annuali, considerate le manifestazioni più importanti di arte contemporanea in Italia durante l’Ottocento.

Sempre alla gestione di Bossi si deve l’attività della Commissione di Ornato, che svolgeva un controllo sui pubblici monumenti simile a quello delle odierne Soprintendenze.

Pinacoteca di Brera

La Pinacoteca di Brera è una galleria nazionale d’arte antica e moderna,   aperta al pubblico nel 1809 che si trova nell’omonimo palazzo,  e, unitamente alle altre istituzioni che vi hanno sede, è uno dei complessi più vasti di Milano con oltre 24 000 metri quadri di superficie.

Il museo espone una delle più celebri raccolte in Italia di pittura, specializzata in pittura veneta e lombarda, con importanti pezzi di altre scuole. Inoltre, grazie a donazioni, propone un percorso espositivo che spazia dalla preistoria all’arte contemporanea, con capolavori di artisti del XX secolo.

Nell’ottobre 2018 si è concluso il riallestimento di tutte le 38 sale, promosso dal direttore James Bradburne, nominato nel 2015. L’attuale Direttore è ANGELO CRESPI, classe 1968, di Busto Arsizio, nominato dall’allora Ministro Sangiuliano nel dicembre 2023.

Parliamo ancora di Accademia anche se ci stiamo introducendo alla presentazione della Pinacoteca; non è un “lapsus”, ma solo molto tempo dopo (ora ne vedremo la storia) la Pinacoteca e l’Accademia vennero separate .  Abbiamo detto che L’Accademia di Belle Arti di Brera venne  fondata nel 1776 con decreto dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, aggiungiamo  per impulso del conte Carlo Giuseppe di Firmian.

Il corpus del Museo doveva infatti costituire una collezione di opere esemplari, destinate alla formazione degli studenti.

Primo segretario (l’importante figura cui abbiamo accennato prima) dell’istituto fu l’erudito abate Albuzio.

Andrea Mantegna – Cristo morto

Due anni dopo fu sostituito da Carlo Bianconi, che per un ventennio si prodigò a sviluppare l’istituzione e la scarsa dotazione iniziale. Anime della nuova istituzione furono però l’architetto Giuseppe Piermarini, allievo di Luigi Vanvitelli, e il decoratore ticinese, formatosi nell’Accademia di Parma, Giocondo Albertolli. Scopo manifesto era la creazione di maestranze che sapessero far fronte al nuovo ruolo assunto da Milano con la nomina dell’arciduca Ferdinando a capitano generale dello stato. Dopo secoli, in città tornava una corte degna di questo nome e si rendevano necessari interventi edilizi radicali, con la costruzione di palazzi pubblici e privati. Primo banco di prova di maestri e allievi dell’Accademia fu, tanto per citarne una,  la costruzione a Monza della residenza estiva dell’arciduca, nota oggi come Villa Reale.

Le cose cambiarono radicalmente dopo la campagna d’Italia di Napoleone (1796) e il definitivo affermarsi della dominazione francese. Nel 1801 venne nominato segretario Giuseppe Bossi, già allievo dell’Accademia, che si impegnò ad arricchire con gessi e libri la dotazione didattica e dal 1805 organizzò mostre pubbliche.

Predicazione a GerusalemmeVittore Carpaccio, portata al Louvre durante le spoliazioni napoleoniche dalla Pinacoteca

Nel periodo napoleonico numerose chiese e monasteri vennero soppressi e i loro beni requisiti. Le opere migliori vennero spedite a Parigi mentre con quelle restanti si decise di costituire nelle principali città del regno una pinacoteca; sorsero così le grandi Gallerie di Venezia, Bologna e Milano. La pinacoteca di Milano doveva svolgere il compito di compendio della produzione artistica del Regno d’Italia. Durante l’occupazione francese, diverse opere d’arte presero la via della Francia a causa delle spoliazioni napoleoniche. Secondo il catalogo pubblicato nel Bulletin de la Société de l’art français del 1936, delle 5 opere d’arte prelevate dalla Pinacoteca ed inviate in Francia nel 1812, nessuna fece ritorno. Le  ricordiamo:  

La predicazione a Gerusalemme di Carpaccio,  La Vergine Casio di Boltraffio, San Bernardino e San Luigi di Moretto da Brescia, San Bonaventura e sant’Antonio da Padova di Moretto da Brescia, la Sacra Famiglia con Elisabetta, Gioacchino e Giovanni Battista di Marco di Oggiono. Queste opere vennero spedite al Musee Napoleon, e vi rimasero costituendo il nucleo della pittura lombarda attualmente al Louvre.

Andrea Appiani venne nominato Commissario per le Belle Arti nel 1805 e a Brera cominciarono ad affluire da ogni parte dipinti dalle chiese soppresse. Intanto nel 1806 Giuseppe Bossi inaugurava il primo museo dell’Accademia, ancora di impronta spiccatamente didattica.

Nel 1808 si decise di tramezzare l’antica chiesa di Santa Maria in Brera in due piani per realizzare i “Saloni Napoleonici” destinati a ospitare le gallerie del regno. Il 15 agosto 1809, giorno genetliaco di Napoleone, vennero inaugurate le tre sale, dominate dal grande gesso di Napoleone come Marte pacificatore di Antonio Canova. Si trattò di un evento temporaneo legato all’occasione (erano esposti solo 139 dipinti) e l’effettiva apertura delle gallerie delle statue e delle pitture ebbe luogo il 20 aprile 1810. Negli anni seguenti continuarono ad affluire dipinti, soprattutto nel 1811 e 1812, in particolare dalla collezione dell’ arcivescovo Monti  di Milano. Nel 1813 arrivarono dal Louvre di Parigi le opere di Rembrandt, Van Rijn,  Rubens e Van Dyck.

Giovanni Bellini  Pietà.

Alla caduta del governo napoleonico nel 1814, il Congresso di Vienna sancì la restituzione dei beni sottratti ai proprietari originari, e anche la pinacoteca dovette cedere alcune opere. Il governo Asburgico non mosse quasi alcuna richiesta di restituzione di opere d’arte per ricostituire il patrimonio artistico della Pinacoteca dopo le spoliazioni napoleoniche, diversamente dagli altri stati europei.  Essa continuò comunque ad arricchirsi di donazioni (es. lascito Oggioni) e nel 1882 venne separata dall’Accademia. Si trattò di una divisione assai laboriosa, che ebbe termine solo un decennio dopo, e che fu causa di molti equivoci.

Guido Cagnacci  Morte di Cleopatra

Nel 1926 venne creata l’Associazione degli Amici di Brera grazie alla quale vennero acquistati diversi capolavori tra cui la Cena in Emmaus di Caravaggio.

Caravaggio Cena in Emmaus

Il sopraggiungere della guerra del 1914-1918 costrinse a far emigrare per ragioni di sicurezza la collezione a Roma e, al suo rientro, la Pinacoteca fu riallestita sotto la direzione di Ettore Modigliani.

Durante la seconda guerra mondiale le opere della Pinacoteca vennero messe al sicuro dalla direttrice Fernanda Wittgens, (prima donna direttrice di un importante Museo)  mentre il palazzo subì seri danni a causa dei bombardamenti del 1943 (crollo delle volte in ventisei delle trentaquattro sale). La Pinacoteca iniziò la sua lenta resurrezione dalle rovine nel febbraio 1946 grazie ai grandi finanziamenti di alcune storiche famiglie milanesi, tra cui la famiglia Bernocchi, e all’opera del progettista architetto  Piero Portaluppi,  di Gualtiero Galmanini  e della soprintendente Fernanda Wittgens. Tra le principali acquisizioni va menzionato il ciclo di dipinti staccati dell’oratorio di Mocchirolo (XIV secolo) (Lentate sul Seveso).

Nel 1974 il soprintendente Franco Russoli ne decise la chiusura, lanciando al tempo stesso provocatoriamente, di fronte alle grandi difficoltà del momento, il progetto della “Grande Brera”, che avrebbe dovuto comprendere anche l’attiguo palazzo Citterio, che a distanza di alcuni decenni stentava ancora a trovare attuazione, ma che a dicembre 2024 dovrebbe essere finalmente restituito al pubblico – uno degli interventi più importanti voluti dal Ministro Sangiuliano. Intanto il percorso di visita è stato rivisto e attualizzato, comprendendo anche opere d’arte contemporanea (collezioni Jesi e Vitali). Un progetto dell’architetto Mario Bellini ha ripreso nel 2009 la speranza di Franco Russoli di realizzare un museo moderno di rango internazionale.

L’assenza di un vero e proprio spazio da adibire alle mostre temporanee porta la Pinacoteca a sviluppare dal 2001 il progetto “Brera Mai Vista”. Questo presenta ogni tre mesi piccole esposizioni di poche opere, solitamente provenienti dai depositi del museo, che per l’occasione vengono restaurate e corredate da un breve catalogo che ne illustra la storia e la vicenda critica. Nel 2011 “Brera Mai Vista” conta più di 20 mostre con opere di Francesco Hayez,  Francesco Londonio,  Giovanni Boccati,  Giovanni Agostino da Lodi, Marco d’Oggiono, Giovanni Martino Spanzotti, Benozzo Gozzoli, Francesco CasellaGiuseppe Molteniil GenovesinoFrancesco MenzocchiAlberto SozioLucio Fontana, Bernardino LuiniGiovanni Boldini,  Pietro Orioli, il Bergognone, Giovanni Contarini, Mario Sironi.

Nel 2004 la Pinacoteca avvia la sperimentazione del progetto “A Brera anch’io. Il museo come terreno di dialogo interculturale, che dal 2006 rientra nella programmazione educativa ordinaria dedicata alle scuole primarie e secondarie di primo grado di Milano e provincia.

Nel 2009 la Pinacoteca di Brera ha  festeggiato  i duecento anni dalla sua fondazione con una serie d’eventi, mostre e convegni. Le esposizioni sono dedicate ai capolavori della Pinacoteca e ai loro restauri (‘Caravaggio ospita Caravaggio’, ‘Raffaello: Lo Sposalizio della Vergine Restaurato’, ‘Il ritorno di Napoleone’) o alla ricostruzione di alcuni nuclei di dipinti giunti nel 1809 a Brera e poi dispersi (‘Crivelli e Brera’, ‘La Sala dei Paesaggi’, ‘Il Gabinetto di Autoritratti di Giuseppe Bossi’). Il 15 agosto 2009, a duecento anni esatti dall’inaugurazione, la Pinacoteca apre gratuitamente al pubblico, registrando il numero record di circa 12.000 visitatori. Complessivamente nell’anno del bicentenario la Pinacoteca raddoppia i suoi ingressi.

 

 

Percorso espositivo

Se si esclude la presenza (dal 2009) del grande gesso di Antonio Canova raffigurante Napoleone in veste di Marte e alcune opere della Donazione Jesi e del Lascito Vitali, la Pinacoteca di Brera è un museo dedicato esclusivamente alla pittura.

Fa eccezione il cortile d’onore del palazzo della pinacoteca dove, oltre al bronzo di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore, sono esposte varie statue dei maggiori intellettuali e personaggi milanesi: tra le maggiori opere si hanno il monumento a Cesare Beccaria di Pompeo Marchesi e il monumento a Giuseppe Parini di Gaetano Matteo Monti posizionati nello scalone richiniano, mentre sotto i portici sono presenti statue e busti tra cui i monumenti a Bonaventura Cavalieria Pietro Verri e a Tommaso Grossi.

Galleria degli affreschi e Pittura gotica e tardo gotica

A questo grande corridoio è collegata la sala 1A, con gli affreschi dell’ultimo quarto del XIV secolo staccati dall’Oratorio di Mocchirolo (Lentate) giunti in Pinacoteca nel 1949, ed eseguiti da un Anonimo Maestro formatosi probabilmente a seguito del soggiorno milanese di Giotto (1335-1336).

L’itinerario della pittura gotica prosegue con  le quattro sale (II, III, IV) che testimoniano l’evoluzione della pittura dal tardo Duecento alla metà del Quattrocento attraverso le opere di Bernardo Daddi, Ambrogio Lorenzetti, Giovanni da Milano, Lorenzo Veneziano, Andrea di Bartolo. Alle origini del Rinascimento si pongono la grandiosa Adorazione dei Magi di Stefano da Verona, la Madonna col Bambino di Jacopo Bellini e il Polittico di Praglia di Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna.

Pittura veneta del Quattro e Cinquecento

Le sale V, VI, VII e i primi tre saloni napoleonici sono dedicati allo sviluppo di due secoli di pittura veneta. Particolarmente documentata è la vicenda pittorica di Andrea Mantegna attraverso alcuni dei suoi capolavori più noti: dal giovanile Polittico di San Luca, alla Madonna col Bambino e un coro di cherubini, dalla Pala di San Bernardino, fino al celeberrimo Cristo morto, opera citata tra i beni dell’artista alla sua morte (1506) ed eseguito probabilmente intorno agli anni settanta del Quattrocento. Altrettanto noti sono i capolavori di Giovanni Bellini (Pietà di Brera, la Madonna greca e Madonna col Bambino, firmata e datata 1510), Cima da Conegliano e Vittore Carpaccio, con due cicli dedicati alla Vergine e a santo Stefano.

Il primo salone napoleonico (sala VIII) è dominato dai grandi teleri (nome attribuito a VE a vaste composizioni pittoriche su tela, riunite in cicli storico-narrativi, molto in voga nel 400 e 500) di Gentile e Giovanni Bellin, di Michele da Verona  e dalle opere di Francesco BonsignoriCima da Conegliano e Bartolomeo Montagna.

La Sala IX espone le tele di Lorenzo Lotto e dei tre protagonisti della pittura a Venezia nel Cinquecento, con capolavori di Tiziano (San Girolamo penitente), Tintoretto (Ritrovamento del corpo di san Marco) e Veronese (Cena in casa di Simone).

Nell’orbita ancora veneta, tra BergamoBrescia e Verona, si collocano gli esempi di RomaninoMoretto e Savoldo, con la grande Pala di San Domenico di Pesaro del 1524, nonché le opere di Bonifacio Veronese e Paris Bordon.

 

Pittura lombarda del Quattro e Cinquecento

Le sale dalla X alla XIII espongono dipinti e affreschi che ripercorrono le vicende dell’arte lombarda tra Quattro e Cinquecento, a partire dalle opere di Vincenzo Foppa con gli affreschi dalla Chiesa di Santa Maria in Brera e il più tardo polittico bergamasco. L’arrivo di Leonardo a Milano (1482) e del suo nuovo linguaggio pittorico influenza l’anonimo maestro della Pala Sforzesca e più direttamente Marco d’Oggiono. 

Un più ampio sguardo sulla pittura leonardesca è offerto da importanti opere di Bernardino Luini (Scherno di Cam e Madonna del Roseto), Bernardo Zenale (Pala Busti) e una selezione di ritratti e Madonne dei più stretti allievi di Leonardo  

Sono ospitati inoltre due grandi cicli ad affresco. Il primo è costituito dagli Uomini d’Arme e dai Filosofi antichi di Donato Bramante (unica testimonianza pittorica dell’architetto, assieme al Cristo alla colonna, sempre a Brera e agli affreschi a lui attribuiti a Bergamo), eseguiti dal maestro intorno al 1487-1488 per la casa milanese di Gaspare Ambrogio Visconti poi Casa Panigarola. Il secondo ciclo, più vasto, fu eseguito da Bernardino Luini verso i primi del Cinquecento per Villa Pelucca di Gerolamo Rabia, e raffigura episodi dell’Antico Testamento e scene mitologiche dalle Metamorfosi di Ovidio.

La Sala XV e la Sala XVIII (che ospita anche il Laboratorio di Restauro della Pinacoteca) accolgono pitture di artisti cremonesi e lodigiani, come le opere dei fratelli Campi, tra cui le quattro celebri tele di genere di Vincenzo CampiCamillo BoccaccinoCallisto PiazzaAltobello Melone e il piccolo ritratto di Sofonisba Anguissola.

Rinascimento ferrarese, emiliano e marchigiano

La Sala XX, dedicata alla prima scuola ferrarese, presenta lo stile eccentrico e stravagante di Cosmè Tura (Cristo crocifisso).

A Ferrara e all’Emilia è dedicata anche la sala seguente (XXI), che rivela un mondo apparentemente resistente alle novità dei grandi centri del Rinascimento (Firenze, Roma, Venezia), dove domina ancora la pala d’altare a più scomparti e l’adozione del fondo oro. Nella sala sono presenti due rare opere giovanili del Correggio (Natività e Adorazione dei Magi). È presente anche Ercole de’ Roberti, con la monumentale Pala Portuense, capolavoro dell’artista e tra le opere più rilevanti del museo. Tra gli altri autori, Garofalo, Dosso Dossi, Marco Palmezzano.

Prevalentemente sugli autori marchigiani è incentrata la Sala XXII. L’inizio del secolo è rappresentato da Gentile da Fabriano ed il suo Polittico di Valle Romita, mentre la fine del Quattrocento da Carlo Crivelli; questi è un pittore veneto che, pur adottando schemi convenzionali, riesce ad esprimersi in uno stile originalissimo e riconoscibile: Brera ospita alcuni dei suoi capolavori come il Trittico di Camerino o la Madonna della Candeletta.

I depositi “a vista” del museo occupano lo spazio della Sala XXIII dove è esposta la grande Annunciazione di Francesco Francia, proveniente da Bologna.

Piero della Francesca, Bramante, Raffaello

Il cuore della pinacoteca (Sala XXIV) è dedicato alla cultura figurativa di Urbino e ai suoi tre protagonisti:  Piero della FrancescaRaffaello e  Bramante. La Pala Montefeltro (o Pala di Brera) è l’ultima opera nota di Piero della Francesca, principale innovatore della pittura del Rinascimento in Italia. Eseguita per Federico da Montefeltro tra il 1472 e il 1474, è una delle più compiute manifestazioni dell’arte di Piero.

Altra icona del museo è lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, firmato e datato 1504. Capolavoro dell’attività giovanile del pittore di Urbino, costituisce uno dei principali esempi del rapporto intercorso tra Raffaello e Pietro Perugino, dal cui analogo Sposalizio (ora a Caen, Musée des Beaux-Arts) l’opera di Brera è tratta. La tavola e la sua cornice neoclassica sono state restaurate nel 2009.

Chiude la sala il Cristo alla colonna di Donato Bramante, proveniente dall’Abbazia di Chiaravalle, unica testimonianza di pittura su tavola dell’architetto urbinate.

Pittura dell’Italia centrale: Cinque e Seicento Lo sposalizio della Vergine RAFFAELLO

Eccone due esempi:  Agnolo Bronzino (Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno)

Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno

Caravaggio e il Seicento lombardo

 

Assieme alla Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana, la Cena in Emmaus è l’altra opera visibile a Milano di Caravaggio. La tela, opera estrema del Merisi e radicalmente diversa dalla versione precedente elaborata dal pittore ora alla National Gallery di Londra, giunse a Brera nel 1939 dalla collezione romana Patrizi per acquisto della Associazione Amici di Brera. La sala XXIX espone i principali seguaci ed interpreti dello stile caravaggesco: Orazio Gentileschi, Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Luca Giordano e Bernardo Cavallino.

Seguono i maestri del Seicento lombardo, variamente legati al potente cardinalato di Federico Borromeo come il Cerano,  Giulio Cesare Procaccini,  Morazzone (che collaborano tutti e tre insieme nel cosiddetto Quadro delle Tre Mani), ed altri esponenti di una pittura fortemente naturalistica e dalle forti connotazioni religiose.

Scuole straniere

Fin dalla sua origine la Pinacoteca nacque con l’idea di accogliere tutte le scuole pittoriche: così assieme ai maestri della scuola genovese del Seicento come Gioacchino Assereto e Orazio de Ferrari e alle nature morte di Evaristo Baschenis, Brera espone un cospicuo gruppo di autori stranieri (Sale XXXII e XXXIII): Pieter Paul Rubens, autore della grande  Ultima Cena,  tanto per citarne uno.

Il Settecento

Le grandi tele della scuola tardo barocca e neoclassica giunsero a Brera tra Sette e Ottocento, quando la Pinacoteca era ancora congiunta all’Accademia di Belle Arti. La Sala XXXIV è dominata dalla grande tela di Giambattista Tiepolo con la Madonna del Carmelo tra profeti e le anime del Purgatorio.

Particolarmente interessanti sono le Sale XXXV e XXXVI, disegnate da Piero Portaluppi e Gualtiero Galmanini, grazie alla donazione di Antonio Bernocchi, in stile neoclassico che accolgono nei due ambienti le vedute di Bernardo Bellotto e Canaletto.

L’Ottocento

Particolarmente documentata a Brera è la pittura italiana dell’Ottocento nelle sue diverse sfumature. Al centro della sala campeggia la grande Fiumana di Giuseppe Pellizza da Volpedo, versione preliminare del celebre Il quarto stato (Milano, Museo del Novecento). I capolavori di Francesco Hayez, già professore di disegno presso la stessa Accademia, sono raccolti nella parete laterale, tra cui il celebre Bacio, una delle opere più note dell’artista, e il Ritratto di Alessandro Manzoni. I capolavori di Francesco Filippini come Il Maglio. Le opere di Giuseppe Bossi e Andrea Appiani (Carro del Sole), primo pittore dell’Italia napoleonica, testimoniano il gusto neoclassico a Milano. Dal 2010 il neoclassico è rappresentato anche dalla scultura di Luigi Antonio AcquistiAtalanta.

Chiudono il percorso i pittori Macchiaioli come Giovanni Fattori (Il carro rosso) e Silvestro Lega (Il pergolato), oltre alle opere di Giovanni Segantini e Gaetano Previati (Adorazione dei Magi), tra divisionismo e simbolismo.

Il Novecento: le collezioni Jesi e Vitali

Sono in attesa di essere esposte nella nuova sede di Palazzo Citterio le opere del Lascito Vitali e le opere del Novecento della Donazione Jesi tra cui la Rissa in galleria, l’Autoritratto e La città che sale di Umberto Boccioni, numerose opere di Mario Sironi, Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Filippo de Pisis, sculture di Arturo Martini, Giacomo Manzù, Marino Marini e la grande Testa di toro di Pablo Picasso, fino al 2017 esposte nella sala X, progettata nel 1949 da Franco Albini.

Più eterogenea è la selezione del Lascito Vitali, acquisita dalla Pinacoteca nel 2000. Questa comprende una sezione archeologica, con vasi e statuette databili tra il 4000 a.C. e il V secolo d.C., tra cui il ritratto femminile (arte dell’Egitto romano, 160 d.C. circa), e una moderna con opere di Alessandro Magnasco, Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Giorgio Morandi e Amedeo Modigliani (L’enfant gras).

Più di recente la Pinacoteca ha acquistato un bronzetto bianco di Giacometti, la grande Ofelia di Arturo Martini e il fondo di cento autoritratti d’artista dalla collezione di Cesare Zavattini.

Alcune di queste opere sono esposte nelle sale 9, 15 e 23, all’interno di un progetto chiamato “Aspettando Palazzo Citterio”.

Collezione di disegni e grafica

La Pinacoteca possiede inoltre una collezione di disegni, non esposti normalmente al pubblico e accessibili solo agli studiosi. Tra questi si annoverano due disegni di Leonardo da Vinci, la Testa di Cristo preparatoria per l’Ultima Cena, e un profilo virile proveniente dal lascito Vitali e due importanti cartoni preparatori di Guido Reni e Ludovico Carracci.

Della collezione grafica fa anche parte l’importante serie dei Tarocchi Brera-Brambilla, uno dei mazzi Visconti-Sforza, commissionata nel 1463 da Francesco Sforza a Bonifacio Bembo.

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