IL CASTELLO SFORZESCO p2
MUSEO D’ARTE ANTICA
Storia
Il Museo vanta una storia che si svolge ininterrotta da oltre due secoli. Negli ultimi decenni del XVIII secolo, un nucleo di illuminati studiosi di Milano si adoperò per salvare dalla dispersione le testimonianze d’arte e di storia del capoluogo lombardo, dando l’avvio alla formazione di varie raccolte confluite nel corso dell’Ottocento in musei permanenti. All’impulso della prima fase contribuì con forza e lucidità Giuseppe Bossi, segretario dell’Accademia di Brera, collezionista, studioso di Leonardo.
I beni del Museo traggono la loro origine da due istituzioni: il Museo Patrio di Archeologia, di fondazione statale (1862) e il Museo Artistico Municipale, voluto dall’amministrazione civica (1878).
A seguito del restauro architettonico e funzionale del monumento sforzesco, il patrimonio mobile dei due enti venne unificato dando vita al Museo Archeologico e Artistico proposto nelle sale della Corte Ducale aperte al pubblico il 10 maggio del 1900. Una seconda memorabile inaugurazione avvenne il 12 aprile del 1956 e con il nome di Museo d’Arte Antica è iniziata una nuova fase dedicata all’esposizione permanente delle sculture e dei monumenti architettonici che contrassegnano l’arte lombarda dall’Alto Medioevo fino al pieno Rinascimento.
Il patrimonio del Museo d’Arte Antica è costituito in larga misura da materiali lapidei: statue, membrature architettoniche, monumenti celebrativi e funerari. Tranne rari esemplari, l’intera raccolta proviene da edifici e da strutture innalzati entro la cerchia delle mura medioevali di Milano.
Statue e sculture
Le statue votive dalle porte urbiche*, i resti maestosi dal Duomo e dai monasteri, gli emblemi e i portali provenienti da nobilissimi palazzi testimoniano un ampio arco temporale, dal V secolo fino al pieno Rinascimento. La loro realizzazione si deve prevalentemente a maestri lombardi, ai quali si affiancarono artisti di altri centri, in particolare della Toscana, che lasciarono a Milano tracce indelebili. L’insieme di questi caratteri e la qualità singolare di una serie di capolavori rendono il Museo d’Arte Antica un unicum nel panorama della museologia italiana.

Scultore lombardo, Lettorino ( piccolo pulpito o leggio) a nove matasse
Lapidi e iscrizioni
Tra i beni dell’Istituto, le lapidi e le iscrizioni occupano un ambito specifico, inquadrato tra il V e il XX secolo. Rappresentano una delle fonti più preziose per la storia di Milano. Tra questi si ricordano la Lapide dei Consoli, datata 1178, e la Lapide di Ausonio scolpita nel XVI secolo.

Lapide dei Consoli
La lapide era murata sul pilone centrale di Porta Romana. La Porta era il primo e più rappresentativo degli ingressi eretti nella cinta difensiva di Milano iniziata nel 1171, a quattro anni dal rientro dei milanesi dall’esilio decretato da Federico Barbarossa dopo l’assedio e la distruzione del centro nel 1162. Nella lapide i consoli rievocavano il rientro dei milanesi in città il 5 maggio 1167 e ne celebravano la rinascita con la costruzione della porta iniziata l’1 marzo 1171. La Porta sopravvive fino al 1793 quando viene abbattuta per essere sostituita da un edificio progettato da Leopoldo Pollack, sul quale vengono murati i rilievi superstiti di due dei tre piloni, fino al loro trasferimento al Castello, nel 1895.
Un originale percorso con lapidi commissionate da famiglie lombarde è allestito nel corridoio di rappresentanza di palazzo Marino.

Scultore lombardo, Lastra con i simboli degli Evangelisti (Toro – S.Luca, Angelo – S.Matteo, Aquila – S.Giovanni e Leone – S.Marco)
Calchi in gesso
Il Museo conserva un’altra sezione peculiare, quella formata da calchi in gesso, legata a quel fenomeno che conobbe un fortunato revival nella seconda metà dell’Ottocento. Nel nucleo, costituito da un centinaio di pezzi, le copie tratte dalle sculture di Agostino Busti assumono un particolare rilievo. Questi calchi, commissionati nel 1872, recano la firma di Piero Pierotti, un virtuoso nell’arte (visita su richiesta).

Calco della Pietà di Michelangelo
Terrecotte
Un consistente repertorio di formelle decorative e una serie di busti costituiscono il reparto delle terrecotte che raggiunge oltre il migliaio di tipi (visita su richiesta). Spesso le terrecotte e i materiali lapidei provengono dal medesimo edificio. È il caso del Palazzo del Banco Mediceo dal quale giungono i celeberrimi Busti di Imperatori plasmati in argilla e in origine policromi, e il maestoso Portale scolpito in grandi blocchi di marmo di Candoglia.

Scultore lombardo, Busto femminile detto La Mora, marmo, prima metà del XVI sec

Scultore lombardo, Medaglione con busto di imperatore, terracotta, 1485 circa
LA PINACOTECA
Storia
La Pinacoteca si forma grazie alla precisa volontà di alcuni benemeriti personaggi milanesi che intesero dotare la città di Milano di un proprio patrimonio d’arte. I testamenti di Fogliani-Marchesi (1861), di Innocenzo e Gian Giacomo Attendolo Bolognini (1863) e di Antonio Guasconi (1863 -1865) sono i primi fondamentali atti a cui seguiranno per tutta la seconda metà dell’Ottocento continui doni, depositi e legati. La vicenda ufficiale della Pinacoteca prende avvio nel 1878 con l’inaugurazione del Museo Artistico Municipale nella sede del Salone dei pubblici Giardini, ma la sua vera storia inizia oltre un secolo fa, quando il patrimonio comunale viene trasferito nella prestigiosa sede del Castello Sforzesco e, il 10 maggio 1900, il Museo Archeologico e Artistico apre la visita al pubblico.
Nel corso del Novecento la raccolta ha avuto continui incrementi grazie alle disposizioni liberali di numerosi cittadini. In particolari occasioni, la stessa Amministrazione ha deciso di stanziare somme rilevanti per conservare alla città patrimoni di importanza secolare (Raccolta Trivulzio, 1935) o per colmare, con acquisti mirati, assenze significative. Questa politica di consolidamento del proprio patrimonio ha avuto i suoi punti più alti in occasione della riapertura dei musei dopo la Seconda Guerra Mondiale (1956) e, di recente, con l’acquisto delle vedute urbane di Canaletto (1995) e di Bellotto (1998). L’ultimo incremento si deve ad un collezionista, Amedeo Lia, che nel 2007 ha donato un quadro di devozione dal valore eccezionale, poiché tramanda la testimonianza iconografica del Castello Sforzesco dipinta da un allievo di Leonardo.
MUSEO dei MOBILI e delle SCULTURE LIGNEE


Storia
Parte integrante del Museo delle Arti Decorative, il Museo dei Mobili si è formato grazie a donazioni, lasciti testamentari e con l’acquisto, nel 1908, della collezione dei Mora, una famiglia di ebanisti di origine bergamasca che, ormai da tempo a Milano, aveva una celebre bottega in via Solferino. Nel Novecento il nucleo si è ampliato grazie all’eredità di famiglie come i Durini, gli Andreani, i Boschi e soprattutto grazie al deposito di alcuni arredi delle residenze dei Savoia, come Palazzo Reale e le Ville di Milano e Monza, lasciati allo stato e destinati alle collezioni civiche.
La Raccolta dei Mobili, allestita dallo studio BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) negli anni Sessanta del Novecento secondo un criterio cronologico che privilegiava un evidente intento catalogatorio, è stata riaperta al pubblico con una nuova presentazione nel 1981. In questo allestimento particolare attenzione era dedicata ai mobili di età e gusto rinascimentale, anche se spesso restaurati nell’Ottocento. Nel 2004 la sezione è stata riallestita completamente sotto la direzione di Claudio Salsi e su progetto degli architetti Perry King e Santiago Miranda. In tale occasione si è ampliato il confine cronologico, aprendo lo sguardo alla contemporaneità, offrendo un museo aggiornato a una città come Milano, capitale del design e a una regione come la Lombardia, da duecento anni protagonista della produzione di mobili.
MUSEO delle ARTI DECORATIVE

Storia
Nell’Ottocento, dopo l’Unità d’Italia, l’Associazione Industriale Italiana promuove a Milano l’apertura di un museo di Arte Industriale al fine di riunire e conservare i manufatti di pregio del passato per stimolare una produzione artigianale raffinata e di buon gusto. Precede l’istituzione del Museo un’esposizione storica di arte industriale, che viene inaugurata nel 1874 nel Salone dei Giardini Pubblici di Porta Venezia. In quell’occasione sono esposte opere prestate dai principali collezionisti dell’epoca. Nel 1877 l’edificio dove si era tenuta l’esposizione è ceduto al Comune di Milano, insieme al patrimonio dell’Associazione, che comprende anche una biblioteca specialistica.
Nasce l’anno dopo il Museo Artistico Municipale. Caratteristica di questo nuovo museo è la grande varietà di generi collezionati, esposti per classi di materiali. Dopo i restauri del Castello ad opera di Luca Beltrami (MI 1854 – Roma 1933), la collezione viene spostata in questa sede e collocata nelle sale al primo piano del cortile Ducale. L’inaugurazione avviene il 10 maggio 1900.
La raccolta è ampliata grazie a donazioni private e acquisti nella prima metà del secolo, tanto che nel dopoguerra il riallestimento delle sale, affidato allo studio BBPR, prevede lo spostamento delle arti decorative nelle sale al secondo piano della Rocchetta, tranne i mobili e le sculture lignee, che rimangono nelle prime quattro sale del cortile Ducale. Le opere sono esposte per gruppi omogenei di tipologia tecnica: tessuti, abiti, ceramiche, maioliche, porcellane, oreficerie, avori, bronzi, cuoi, vetri, ferri artistici.
Con il riallestimento del museo curato da Francesca Tasso e Andrea Perin nel 2017, si è riorganizzato il percorso espositivo, inserendo le opere d’arte in una struttura ancorata alla cultura storica, capace da un lato di restituire ad ogni oggetto la sua valenza e dall’altro di evidenziare i capolavori, grazie anche a un nuovo apparato didattico.

MUSEO DEGLI STRUMENTI MUSICALI
La raccolta di Natale Gallini
La raccolta di strumenti musicali del maestro Natale Gallini (1891-1983), acquistata dal Comune di Milano nel 1958, formò il nucleo iniziale del Museo, allestito nel 1963 nelle sale della Rocchetta dallo Studio BBPR (Banfi, Barbiano di Belgiojoso, Peressutti, Rogers).
La collezione si componeva in particolare di pianoforti rettangolari (“a tavolino”) prodotti in Italia settentrionale, di strumenti della grande tradizione della liuteria lombarda e di strumenti musicali provenienti dall’Africa, dalla Cina e dal Giappone.
La Raccolta fu incrementata negli anni dal lascito dell’ingegnere e violinista Antonio Boschi (marito di Marieda Di Stefano – Casa Museo Boschi/Di Stefano), da donazioni di privati e da nuove acquisizioni.
La Collezione Monzino
Nel 2000 il Museo ha ricevuto in dono dalla Fondazione “De Musica” 79 strumenti facenti parte della raccolta di un’antica famiglia di liutai milanesi, i Monzino. Si tratta di strumenti sia collezionati dalla famiglia stessa, sia realizzati nella loro bottega tra il 1750 e il 1930. Completano la donazione una serie di attrezzi per la realizzazione di strumenti ad arco e a pizzico. Due sale del Museo sono dedicate a questa collezione.
Lo Studio di Fonologia Musicale
Nel 2008, grazie al contributo di MITO (Multimedia Information for Territorial Objects con sede a NA), in una sala del Museo è stato ricostruito lo Studio di Fonologia Musicale della Rai, attivo fino al 1983, con lo scopo di rendere disponibili agli appassionati e agli studiosi gli apparati elettronici e i suoi archivi. Il progetto di allestimento, con gli arredi originali di Gio Ponti, è stato curato dallo Studio De Lucchi.

MUSEO ARCHEOLOGICO – sezione preistoria e protostoria
La nascita ufficiale delle Collezioni Preistoriche e Protostoriche, formatesi inizialmente da lasciti e donazioni nell’Ottocento, si deve al Regio Decreto del 13 novembre 1862 che sancì l’istituzione a Milano, in Santa Maria di Brera, del Museo Patrio di Archeologia, destinato a raccogliere opere e documenti di tutte le epoche, dalla preistoria alla modernità.
La sede in Brera si rivelò ben presto insufficiente e nel 1900 le Collezioni, insieme a tutto il materiale archeologico, furono spostate nel nuovo Museo Civico con sede nel Castello Sforzesco. I reperti preistorici e protostorici finirono in gran parte esiliati nei sotterranei dell’edificio.
In quegli stessi anni, comunque, le raccolte furono incrementate da numerose donazioni. A Pompeo Castelfranco (1843-1921), grande studioso di archeologia lombarda, si deve una pregevole raccolta di reperti che coprono la Preistoria dal Paleolitico, prevalentemente siti italiani e francesi, all’Età del Ferro dell’Italia settentrionale e dell’arco alpino. I manufatti provengono sia da scavi, sia da scambi con studiosi e collezionisti italiani e stranieri.
A metà degli anni Sessanta del Novecento le collezioni greche, etrusche e romane furono trasferite dal Castello nel nuovo museo allestito nell’ex convento del Monastero Maggiore di San Maurizio (Chiesa di S.Maurizio al Monastero Maggiore – C.so Magenta), mentre le collezioni Egizie e quelle Paleontologiche rimasero al Castello. Solo negli anni Settanta i reperti furono organizzati in un percorso cronologico nei sotterranei del cortile della Rocchetta.
Nel 2003 furono nuovamente spostati nelle sale sotterranee della Corte Ducale

Tomba X di Albate

Tomba della situla di Trezzo d’Adda

Prima Tomba di guerriero di Sesto Calende
Il Museo, con il supporto di numerosi pannelli didattici, illustra tappa per tappa l’evoluzione del territorio, dal Neolitico fino alla colonizzazione romana.
Il Neolitico
Apre il percorso il Neolitico con le sue innovazioni tecnologiche. Strumenti in pietra scheggiata e levigata trovati nel territorio lombardo documentano la lavorazione della pietra dal VI al IV millennio a.C., periodo in cui le comunità diventano sedentarie e passano da un’economia di caccia e di raccolta all’agricoltura e all’allevamento. Cominciano anche la produzione di recipienti in ceramica, la filatura e la tessitura. Vasi dal caratteristico colore nero lucido scoperti nell’abitato della Lagozza di Besnate (Varese, prima metà del IV millennio a.C.), insieme agli strumenti per filare e tessere, testimoniano l’ultima fase del Neolitico.
L’Età del Bronzo
Segue l’Età del Bronzo (in Italia settentrionale, 2200-900 a.C.), caratterizzata dalla lavorazione del rame e delle sue leghe e dall’impiego dell’aratro e del carro. Una vetrina è dedicata ad alcuni ripostigli dell’Italia settentrionale, cioè riserve di metallo grezzo, lavorato o da rifondere, nascoste sottoterra e una alla metallurgia, con pani di rame trovati nel Cremonese, ugelli da mantice e manufatti in bronzo quali spilloni, aghi e una punta di lancia.
A completare il quadro della perizia tecnologica raggiunta nell’Età del Bronzo sono i manufatti in osso, corno e legno rinvenuti in varie località della Lombardia.
Il percorso museale prosegue con le testimonianze dell’età del Bronzo Finale (XII-X secolo a.C.) e la prima Età del Ferro. Questo periodo è documentato dalla Cultura di Golasecca nelle aree di Golasecca-Sesto Calende-Castelletto Ticino, Como e Bellinzona.
Le comunità golasecchiane sviluppano un progressivo inurbamento che si realizza nel VI e V sec. a.C. e una complessa stratificazione sociale. Dal V secolo operano come mediatori di scambi tra il Mediterraneo e l’Europa celtica, raggiungendo un alto grado di ricchezza incentrata nelle mani di una élite aristocratica, che depone nelle tombe corredi di particolare bellezza, come quello di Sesto Calende.
Alla presenza gallica con la diffusione della cultura La Tène in Italia e alla romanizzazione (IV-I secolo a.C.), rimandano armille (bracciale ornamentale), spade e alcune ceramiche esposte nella vetrina che chiude il percorso.
MUSEO ARCHEOLOGICO – SEZIONE EGIZIA
Una mummia maschile (cosiddetta “mummia Busca”) e alcuni frammenti di papiro forse appartenuti alla collezione del console francese in Egitto Bernardino Drovetti, insieme alla donazione del console austriaco in Egitto Giuseppe Acerbi – in cui figura la mummia con sarcofago e cassa di Peftjauauyaset – sono i materiali che agli inizi dell’Ottocento formarono il primo nucleo della futura Collezione Egizia del Museo Archeologico milanese. Tale nucleo era allora in possesso di due istituzioni distinte, entrambe ubicate nell’attuale palazzo di Brera, il Gabinetto Numismatico e la Biblioteca Braidense.
Nel 1901 i reperti confluirono nella collezione egizia che si era andata lentamente costituendo all’interno del Museo Patrio di Archeologia, antenato degli attuali Musei Civici. Istituito nel 1862, con iniziale sede nello stesso Palazzo di Brera, il Museo Patrio venne trasferito nel 1900 al Castello Sforzesco.
L’esposizione offre un interessante itinerario didattico focalizzato su alcuni dei temi più importanti che caratterizzano l’antica cultura egizia, tra i quali la scrittura.
Strumenti per scrivere e supporti scrittori, quali ostraka (frammenti di terracotta), papiri, pietra e legno, offrono esempi delle tre scritture in uso nell’antico Egitto: quella geroglifica con le sue due forme corsive, ieratica (usata più per i testi sacri e considerata una corsivizzazione della geroglifica) e demotica (usata nel quotidiano e riservata più a documenti legali e amministrativi).
La donazione di Emilio Seletti e lo scavo di Achille Vogliano
La collezione egizia milanese conobbe un rapido incremento nei decenni a venire grazie a continue donazioni di piccole e medie collezioni di privati, fra cui si può annoverare quella di uno dei più attivi membri della Consulta dello stesso Museo Patrio, Emilio Seletti. Essa soprattutto beneficiò dei materiali rinvenuti nelle campagne di scavo dirette dal papirologo Achille Vogliano tra il 1934 e il 1939 nelle due località di Tebtynis e Medînet Mâdi (entrambe nel Fayum), sotto l’egida dell’Università Statale di Milano (allora “REGIA”) e dello stesso Museo Civico e che rappresenta il fiore all’occhiello della collezione egizia milanese.
Dallo scavo di una porzione dell’abitato ellenistico di Tebtynis provengono numerosi oggetti di vita quotidiana, perlopiù utensili in legno, oggetti da toeletta e anche giochi per bambini. Lo scavo di Medînet Mâdi interessò invece l’area sacra, al centro della quale Vogliano riportò alla luce il tempio fondato nel Medio Regno e ampliato in epoca tolemaica: nelle macerie del tempio, tra decorazioni architettoniche e materiale votivo, Vogliano rinvenne la statua del faraone Amenemhat III, il suo fondatore (ca. 1853-1805 a.C.).



Tra i reperti che illustrano, nella sua rappresentazione tradizionale, la figura del faraone, fulcro della società egizia, troviamo esempi dei cosiddetti cartigli che ne racchiudevano il nome e due pregevoli modelli per scultori, con volti di sovrani incoronati dall’urèo (cobra eretto), dell’inizio dell’epoca tolemaica (IV-III secolo a.C.). Numerose statuette in bronzo ed alcune mummie di animali esemplificano con efficacia le diverse possibili forme che gli Egizi attribuivano alle loro numerose divinità.
Dal dopoguerra a oggi
Durante il secondo conflitto mondiale le esposizioni del Castello vennero smantellate e i materiali deposti nei magazzini. Solamente nel 1965 le raccolte archeologiche furono spostate dal Castello nell’attuale sede di Corso Magenta, ad eccezione di quelle preistoriche ed egizie. I materiali di queste ultime, grazie all’allora direttore delle Civiche Raccolte Archeologiche, Gian Guido Belloni, vennero recuperati, inventariati, restaurati e approntati per un nuovo allestimento tematico, che venne inaugurato nel 1973, nel sotterraneo del cortile della Rocchetta del Castello. L’allestimento di Cesare Volpiano prevedeva l’esposizione in due sale, la prima relativa al culto funerario, la seconda alla vita quotidiana, alla religione e all’arte dell’antico Egitto. Nei quarant’anni successivi, continue donazioni di privati nonché mirate acquisizioni, hanno portato ad incrementare ulteriormente la raccolta egizia milanese, che oggi annovera circa 3000 reperti.
Nel quadro degli interventi di ristrutturazione dell’intero Castello, l’esposizione permanente della raccolta egizia venne riallestita all’inizio del 2003 nell’attuale ubicazione nei sotterranei della Corte Ducale.



È presente nella collezione anche un ampio campionario di oggetti inerenti al corredo funerario, atto a garantire la sopravvivenza al defunto nell’oltretomba: gli amuleti, in pietra e faïence (pasta silicea, invetriata); le statuette mummiformi (ushabty), dalle svariate misure e dai differenti materiali (legno, pietra e faïence); i vasi canopi, ovvero i quattro contenitori per custodire il fegato, i polmoni, lo stomaco e gli intestini del defunto, realizzati in diversi tipi di materiale.
Spiccano nell’esposizione i sarcofagi (antropomorfi e a cassa) in legno dipinto, tra i quali si segnala la serie proveniente da Tebe, fra cui il corredo di Peftjauyuayset, comprendente la sua mummia, ed una seconda mummia maschile (mummia Busca). Non mancano esempi del cosiddetto Libro dei Morti, una raccolta di formule magico-rituali che accompagnavano il defunto nel viaggio verso l’Aldilà: di assai pregevole fattura, pur se frammentario, è il manoscritto ieratico, appartenuto al sacerdote Hornefer, vissuto nel IV sec. a.C.
GABINETTO dei DISEGNI
La storia della civica Raccolta dei Disegni antichi ha inizio dal 1862, quando le prime opere iniziarono ad affluire nelle collezioni municipali da lasciti di collezionisti privati. Dal 1878 le opere furono esposte nella prima sede del Museo Artistico Municipale presso il Salone delle Esposizioni ai Giardini Pubblici. Dal 1900 la Raccolta trovò collocazione nel Castello Sforzesco, nuova sede dei Musei Civici grazie al restauro di Luca Beltrami.
Il Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco è collocato dal 1972 in una sede progettata dallo studio Albini-Helg-Piva affacciata sul cortile della Piazza d’Armi, composta da una sala di consultazione e da un deposito delle opere originali.
Il Gabinetto dei Disegni è aperto al pubblico esclusivamente su prenotazione. Gli studiosi possono accedere alla Sala di consultazione su appuntamento dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 17.



RACCOLTA delle STAMPE “ACHILLE BERTARELLI”
La Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, fu istituita nel 1927 per valorizzare l’eccezionale collezione di 300.000 stampe che il suo fondatore Achille Bertarelli (1863-1938) aveva donato al Comune di Milano nel 1925. Aperta alla consultazione e collocata inizialmente al piano terra della Torre dei Carmini al Castello Sforzesco, la Raccolta presenta un carattere fondamentalmente documentario, che consente, attraverso la vastità ed eterogeneità del suo patrimonio, di comporre un archivio eccezionale in grado di illustrare tutte le manifestazioni dell’attività umana.
Un archivio straordinario
Seguendo la sua passione collezionistica, senza farsi condizionare dai canoni estetici dominanti, Bertarelli ha raccolto testimonianze iconografiche di ogni tipo: carte geografiche, manifesti pubblicitari, ex-libris (contrassegno, spesso adorno di fregi, che si applica all’interno del libro per comprovarne la proprietà), biglietti da visita, figurini di moda, cartoline e molto altro. Naturalmente non mancano le grafiche d’arte antiche e moderne, oggetto di particolari cure conservative e di studi aggiornati e specifici. Di rilevante importanza risultano anche le sezioni dedicate allo studio degli arredi ed alle arti decorative, quali i fondi Mazzucotelli, Quarti e Mongiardino.
La nuova sede
La sede attuale della Raccolta, inaugurata nel 1978 e dotata nel 2002 di una spaziosa sala di consultazione, conserva oggi circa un milione di esemplari. All’Istituto è annessa una biblioteca specialistica che conserva, oltre a 700 testate di periodici cessati e correnti, 3.500 libri antichi illustrati e 25.000 volumi moderni inerenti la storia e le tecniche dell’incisione, la grafica editoriale, la grafica pubblicitaria, cataloghi di collezioni museali e di mostre.
Degno di nota è il Fondo Levi Pisetzky, comprendente 1.300 pubblicazioni antiche e moderne sulla storia del costume. La Raccolta offre a studiosi e appassionati preziosi materiali e spunti di ricerca mantenendo così pienamente le finalità dell’ideatore e primo collezionista.



L’Istituto conserva più di un milione di opere, dalle prime prove xilografiche (tecnica di incisione a rilievo) del Quattrocento alla grafica contemporanea, organizzate secondo criteri iconografici. Il ricchissimo materiale è diviso in sezioni tematiche: piante e vedute, stampe storiche, artistiche, popolari, grafica pubblicitaria, grafica editoriale, grafica progettuale, ex-libris, figurini di moda, ventagli, giochi e carte da gioco, biglietti da visita e auguri, carte colorate, cartoline, almanacchi e calendari, carte da lettera figurata, carta moneta e carte valori, liste di vivande, araldica e bandiere.
Piante e vedute
Sono circa 30.000 stampe, suddivise attraverso l’indicazione del soggetto rappresentato, che riveste carattere di testimonianza di luoghi, monumenti rimaneggiati o addirittura demoliti nel corso dei secoli. Comprende carte geografiche, piante topografiche, vedute di città e località italiane e straniere nel periodo compreso tra il XVI e il XIX secolo.
Stampe storiche
Costituiscono una sezione di circa 20.000 esemplari ordinati cronologicamente. Di particolare interesse le stampe riguardanti il Risorgimento italiano che vanno dai moti di Sicilia, Napoli e Piemonte del 1820-21 all’Unità d’Italia.
Stampe artistiche
Sono circa 80.000 le opere di grandi artisti attivi dal XV al XX secolo. Mantegna, Dürer, Piranesi, Rembrandt, i Tiepolo, Munch, Morandi sono solo alcuni dei grandi maestri che si sono espressi anche attraverso le tecniche incisorie, creando veri e propri capolavori. Degna di nota l’incisione di Bernardo Prevedari su disegno di Bramante, eseguita nel 1481 e di cui esistono al mondo due soli esemplari, il secondo dei quali presente al British Museum di Londra.
Stampe popolari
Bertarelli fu fra i primi a dedicare grande attenzione a questa tipologia di cui la Raccolta possiede di circa 20.000 stampe. I fogli sono documento di cronaca e costume della vita quotidiana, dei gusti, dei costumi, delle credenze religiose di un popolo. Degno di nota il fondo Mitelli, che conserva quasi per intero il corpus calcografico dell’incisore del Seicento bolognese tra i più rappresentativi in questo ambito.
Grafica pubblicitaria
Uno dei settori più ricchi della Raccolta, conserva materiale pubblicitario a stampa, come riviste, bozzetti, manifesti. La sezione dei manifesti in particolare, composta da circa 7.000 esemplari in relazione a prodotti industriali, riviste, cinema, teatro, località turistiche, mostre, propaganda politica, è nota a livello nazionale e internazionale. Sono ben rappresentate importanti autori quali Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello, Bruno Munari, Leopoldo Metlicovitz, Alphonse Mucha.
Grafica Editoriale
Molto appassionato anche del libro stampato, Achille Bertarelli ha raccolto sia libri figurati integri che fogli appartenenti a volumi databili tra XV e XX secolo. Costituita prevalentemente da opere italiane edite dal XVIII al XIX secolo, nel corso degli anni l’iniziale raccolta di Bertarelli si è arricchita di opere significative, oltre che di copertine, testimonianza della ricerca grafica di autori celebri.
Grafica progettuale
Nei fondi e negli archivi della Raccolta sono conservati materiali grafici dall’arredamento d’interni del XIX-XX secolo. Documentano l’evoluzione degli arredi i fondi lasciati alla Bertarelli dagli eredi di famosi designer quali Mazzucotelli (1865-1938), Eugenio (1867-1929) e Mario (1901-1974) Quarti, e dell’architetto d’interni e scenografo teatrale Renzo Mongiardino (1916-1998).



GABINETTO NUMISMATICO e MEDAGLIERE
Il Civico Gabinetto Numismatico e Medagliere di Milano è costituito da due importanti raccolte di monete e di medaglie, quella di proprietà del Comune di Milano e quella di proprietà dello Stato, chiamata “Brera” dal Palazzo di Brera dove venne conservata fino al 1919. Nel 1919, dopo lunghe trattative intercorse tra Stato e Comune, il Gabinetto Numismatico fu trasferito dal palazzo di Brera al Castello Sforzesco, dove venne affiancato, mantenendo però separate le collezioni, al Medagliere di proprietà comunale.
Duplice la natura delle collezioni numismatiche. Il deposito di Stato (Brera) vede la nascita con l’attività del Cattaneo che nel periodo compreso tra il 1801 ed il 1813 fonda ed organizza il Gabinetto Numismatico con importanti acquisti di monete e medaglie, sia antiche che moderne, prodotte in tutte le aree europee, con la finalità di dotare l’Istituto di un patrimonio in grado di illustrare lo sviluppo della monetazione dall’inizio delle coniazioni (VI sec. a.C.) fino all’epoca a lui contemporanea. Al contrario, il nucleo originario di proprietà comunale, composto in primo luogo da alcune importanti donazioni avvenute tra l’epoca della Restaurazione e il terzo-quarto del XIX secolo, era interessato in primo luogo alle monete e medaglie prodotte in ambito milanese e lombardo e solo in parte a quelle delle altre aree italiane e straniere. Successivamente alla fine della Prima Guerra Mondiale le collezioni sono state arricchite tramite l’acquisto o la donazione di alcuni nuclei di monete: una parte significativa della collezione Gerin di Vienna, composta da circa 9.000 esemplari romani del Basso Impero; la raccolta Laffranchi, da circa 23.000 monete romane imperiali; la collezione Rosa, da circa 1.200 emissioni in bronzo di epoca greca; la collezioni Sabetta, da 1.701 esemplari romani del IV secolo e la collezione Rolla, da circa 1.800 monete romane.
Il Gabinetto Numismatico e Medagliere conserva una importante collezione di monete e di medaglie costituita da circa 280 mila esemplari. La raccolta riunisce due distinte collezioni, quella appartenente al Comune di Milano e quella di proprietà statale. Il Gabinetto Numismatico e Medagliere, frequentato da studiosi, collezionisti ed appassionati italiani ed esteri, offre un quadro storico significativo della produzione monetale a partire dalle emissioni arcaiche delle zecche dell’Asia Minore (VI sec. a.C.) fino alle coniazioni italiane ed europee di età moderna e contemporanea. Tra le monete di pregio si ricordano le monete arcaiche in elettro dell’Asia Minore, della Magna Grecia, del tardo Impero romano (III-V secolo), le serie della zecca di Milano, delle zecche medioevali e moderne di area germanica e le emissioni italiane, con particolare riferimento alle produzioni delle zecche di ambito settentrionale (Genova, Venezia, Mantova e Parma).
Completano il quadro delle collezioni numismatiche la raccolta delle tessere e dei gettoni, di produzione compresa tra la fine del XVI secolo e l’epoca contemporanea, e la raccolta dei pesi monetari e delle bilance, con particolare interesse per i manufatti di area nord italiana.
Per quanto riguarda la raccolta delle medaglie, si segnalano, per qualità degli esemplari, le produzioni italiane comprese tra le esecuzioni del Pisanello, nella prima metà del Quattrocento, e quelle della seconda metà del XVI secolo. Il Gabinetto Numismatico e Medagliere si divide in nove sezioni: Monete greche; Monete romane repubblicane; Monete imperiali romane; Monete romane provinciali; Monete bizantine; Monete della zecca di Milano; Monete moderne estere (con ampio settore arabo); Monete moderne italiane; Medaglie (XV-XX secolo).

Antonio Pisano, detto “Pisanello”, Medaglia di Filippo Maria Visconti

Anonimo, Francesco II Sforza, Medaglia in oro
Un Museo a cielo aperto
Le persone che si muovono attorno al Castello di Milano seguendo l’imponente perimetro della fortezza, o i visitatori che attraversano le aree definite dai corpi di fabbrica del monumento per raggiungere i musei e gli istituti di cultura lì ospitati, hanno l’opportunità di osservare un numero insospettato di opere, scolpite in pietra o plasmate in terracotta, proposte en plein air.
Statue, frammenti di architetture, reperti archeologici si fanno apprezzare infissi in apparente casualità sulle aiuole dei nobili cortili; fregi in terracotta, candidi stemmi, lapidi scritte in varie lingue punteggiano le facciate delle torri o le pareti in laterizio; singoli pezzi o nuclei ingegnosamente connessi ornano luoghi insospettati, appartati e quasi nascosti.
Passo dopo passo, seguendo itinerari che ripercorrono il perimetro esterno del Castello e poi quelli degli spazi dei cortili e delle logge, Un Museo a cielo aperto: 133 didascalie dal Castello di Milano, a cura di Laura Basso e Giulia Soravia, offre al passante una guida sintetica, accompagnata dall’augurio di soddisfare le curiosità e l’interesse verso figure e avvenimenti che di continuo rinviano a storiche questioni accadute a Milano.
Tralascio di parlare della “Sala delle Asse – Leonardo da Vinci” e dell’ “Ente Raccolta Vinciana” – entrambe collocate c/o il Castello Sforzesco – in quanto nel prossimo anno accademico, vorrei inserire queste due Istituzioni in un incontro (forse non basterà – nel caso due) dedicato esclusivamente a LEONARDO a MILANO nel corso del quale (o quali) racconterò anche del Cenacolo in Santa Maria delle Grazie e dell’ “ULTIMA CENA”, del “CODICE ATLANTICO” e “RITRATTO di MUSICO” c/o Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana, degli “ORTI di Leonardo”, del CAVALLO di Leonardo e di altre opere lasciate a Milano dal grande artista, ingegnere, scienziato.
Magari prendendo spunto da qui si potrebbe continuare, rimanendo nell’ambito del sistema museale milanese, di passare ad illustrare il “MUSEO NAZIONALE della SCIENZA e della TECNICA” dove si può ammirare la più grande collezione di modelli di macchine realizzati su disegni di Leonardo da Vinci per chiudere l’argomento su di lui.
Infine per completare esaustivamente le dissertazioni sul Castello Sforzesco mi piacerebbe (sempre con il beneplacito dei vertici UTE) un incontro dedicato alle ben 3 biblioteche ospitate nel Castello Sforzesco stesso: l’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana (ne tratteremo anche parlando di Leonardo), la Biblioteca d’Arte e la Biblioteca Archeologica e Numismatica.